Verso la costruzione di un curricolo verticale di M. Piscitelli

Linee d’intervento

Molteplici sono le linee d’intervento rivolte alla costruzione di un curricolo verticale; fra queste due sono tuttavia preliminari. La prima concerne l’identificazione dei parametri teorici sottesi al curricolo, nel nostro caso, di lingua italiana; la seconda invece riguarda l’orientamento psico-pedagogico da adottare. Di entrambe è fondamentale esplicitare e condividere il quadro di riferimento.

Ciò conduce a interrogarsi su alcuni punti cruciali relativi ai due versanti, quali da una parte, il modello/modelli di lingua e teorie linguistiche che intendiamo abbracciare, i contenuti da insegnare (Essenziali e significativi) e dall’altra, la pratica didattica da attivare (unidirezionale, trasmissiva, imitativa? Costruttiva, attiva, flessibile, partecipativa?).

Si tratta di interrogativi, di non poco conto, che impegnano a  trovare soluzioni, non certo esaustive, ma che comunque impongono una serie di azioni relative a:

1.  l’individuazione di criteri di progressione, adatti a consentire di:

a. gestire, in maniera produttiva, quelle discontinuità indispensabili a generare il cambiamento nello sviluppo complessivo dell’alunno;

b. dosare gli elementi di continuità e discontinuità alle varie età secondo un principio di ricorsività, che permetta di sviluppare gradi differenziati di concettualizzazione e relazioni fra le conoscenze. Gli elementi di continuità e di discontinuità investono sia la disciplina (rotture epistemologiche/passaggi dal testo non letterario a quello letterario, dal testo informale a quello formale a vari livelli, dal linguaggio orale a quello scritto e ad una pluralità di linguaggi, dalla riflessione sulla lingua alle grammatiche, etc.), sia  gli studenti (rotture sociocognitive e psico-affettive che creano ostacoli cognitivi e comportamentali a causa delle diversità di  convinzioni o di aspirazioni; degli schemi mentali esistenti; dei concetti di senso comune e degli usi familiari o delle proprie esperienze, etc.);

c. trattare i saperi in modo motivante ed adeguato alle strutture cognitive ed affettive degli studenti, e collocarli dentro una prospettiva verticale;

4. organizzare la ricorsività in una dimensione  poliprospettica, senza ridurla ad una banale ripetitività; inadatta quindi a determinare, in maniera chiara, lo scarto nei differenti gradi di concettualizzazione.

2. la ricerca, nella progettazione e sperimentazione di percorsi didattici, di intrecci continui tra processi di insegnamento/apprendimento; tra cognizione, relazione, affettività e creatività; tra saperi, saper fare, saper essere  ed apprendere ad apprendere, essendo consapevoli di quei punti di criticità che ricorrono nella realizzazione di queste connessioni.
È pur vero che soprattutto la gestione delle discontinuità non è un’operazione semplice, poiché richiede di governare le conflittualità cognitive, socio-affettive e relazionali messe in campo dai nuovi incontri culturali e conseguentemente di calibrare sul piano didattico gli scarti cognitivi e linguistico- testuali, che sappiamo essere essenziali per l’effettiva crescita personale (cambiamento cognitivo, comportamentale, socio-affettivo).

È chiaro che questi aspetti non possono essere affrontati casualmente e in maniera frammentaria o a seconda dei bisogni emergenti, come spesso accade.

Anzi, questi aspetti, datane la complessità, necessitano di essere integrati in un piano organico e unitario, da cui si evinca una progressione propulsiva dello sviluppo di fatti, di idee e del contenuto intellettuale delle esperienze. Un piano quindi costellato di atteggiamenti sistemici ricorsivi (non esaustivi), aperto alle diverse variabili e disposto ad accogliere attività che possono svolgersi con logiche in parte imprevedibili.
Naturalmente un simile piano, indiscutibilmente centrato sull’alunno, dovrà trovare una realizzazione in percorsi didattici lunghi, strutturati sulla base di assi culturali tracciati, in grado di accompagnare l’alunno nel suo sviluppo e crescita personale. In questo cammino l’insegnante svolge un ruolo speciale, poiché fa da guida, cura la regia del lavoro, assegna le parti, segue la recitazione, coinvolgendo i suoi allievi, attori-protagonisti.

 

Foto: F. Fiorentini